lunedì 20 aprile 2020

2020/04/21 Perché aggrediscono i Runners? Laura Mondino mi ha spiegato questo.

Laura è una cara amica, con la quale ho condiviso corsi di formazione sia come discenti, eravamo giovani, sia come docenti ritrovandoci con molto piacere anche se per caso. Riconosco in lei uno spirito di voler approfondire le cose in maniera scientifica pur usando un linguaggio facilmente comprensibile e sciolto. Quando mi è venuta in mente la domanda "perché aggrediscono i runners?", ho pensato a lei per avere una risposta da persona competente qual è. Laura è Divulgatrice neuroscientifica e advisor in scienze comportamentali.

Dr. Laura Mondino ci spieghi perché i Runners vengono aggrediti? Domanda semplice, secca e diretta. Chiaramente mi sto riferendo ad episodi di attualità, durante la quarantena Coronavirus.






Caro Roberto, qui ce ne sarebbe da parlare per ore. Mi limito a citare un bias molto potente che potrebbe ben spiegare questo accadimento. E' il concetto dell'outgroup e del suo compare ingroup. Ingroup e' il gruppo con cui si identificano gli individui e del quale si sentono membri, mentre outgroup (fuori dal gruppo) e' il gruppo con cui gli individui non si identificano. Per dirla in modo semplice, basta pensare ai tifosi delle squadre di calcio. juventini contro fiorentini, napoletani contro interisti e via dicendo. 



Entrambe le tipologie di gruppi spiegano la formazione del pregiudizio (secondo Tajfel). Un giorno Tajfel decide di formare dei gruppi in modo casuale (lanciando una moneta) e osservò che i membri che condividevano tra di loro il medesimo gruppo si comportavano come se fossero amici di lunga data (definiti come personalita' piacevoli e più rispettose rispetto ai membri dell'outgroup). Quindi, l'ingroup bias e' mostrare sentimenti positivi e trattamenti speciali per le persone appartenenti al nostro ingroup e avere sentimenti negativi e trattamenti ingiusti nei confronti dei membri dell'outgroup. Il motivo di ciò sembra essere la stima di se'. 

Le persone aumentano la stima di se' quando si identificano con un gruppo preciso, questo se il gruppo viene percepito come superiore agli altri. Uno degli "esperimenti" più significativi è stato condotto d un'insegnante dello Iowa, Jane Elliot. Nel 1968, il giorno dopo l'assassinio di Martin Luther King, Elliot decise di affrontare i problemi del pregiudizio razziale dividendo la sua classe di terza elementare in gruppi sulla base del colore degli occhi. Come descritto nel documentario di PBS Frontline " A Class Divided", Elliot ha dimostrato quanto sia stato facile trasformare i suoi allievi di 7 anni in haters facendo diventare i bambini dagli occhi castani gli obiettivi di discriminazione da parte dei bambini dagli occhi blu. In pochi minuti, i bambini dagli occhi blu ridicolizzavano sadicamente le loro sfortunate compagne di classe, definendole "stupide" e scansandole nel parco giochi durante la ricreazione, quindi ribaltò la situazione e mostrò che i bambini dagli occhi castani, quando erano in cima, esigevano le stesse punizioni sui loro compagni di classe.




Sin dal tempo della sorprendente dimostrazione di Elliot, gli psicologi sociali hanno continuato a scoprire le cause, le conseguenze e i correlati degli stereotipi di in e out group. Ora ci sono letteralmente migliaia di studi sull'argomento. Alcuni dei lavori più recenti e forse più promettenti esaminano le basi dei circuiti cerebrali dell'elaborazione dei gruppi di gruppi. Un recente studio condotto da ricercatori dell'Università del Missouri ha mostrato che l'effetto dell'identificazione del gruppo diventa ancora più intenso quando le persone vengono fatte sentire minacciate. Ci rivolgiamo a quelli del nostro gruppo quando sentiamo che potremmo essere a rischio di qualche tipo di danno fisico.



Forse è in atto un meccanismo di sopravvivenza nella formulazione delle distinzioni tra gruppo e gruppo. Nel nostro desiderio di sentirci al sicuro, ci leghiamo a coloro che consideriamo più simili a noi in modo da poterci proteggere da coloro che potrebbero farci del male. Le recinzioni virtuali che costruiamo tengono lontani gli estranei e ci permettono di continuare con la nostra vita quotidiana sentendoci protetti e sicuri. Tuttavia, sono proprio questi recinti che ci impediscono di legarci con i nostri simili e, in questo modo, ridurre la nostra vera sicurezza.


Tornando al nostro caso, si sono formati all'istante due gruppi, coloro con la mascherina e gli altri senza (anche se era solo). Se poi aggiungiamo la paura del contagio, l'errata del percezione del rischio, la rabbia di queste settimane di lockdown forzato... il disastro è pressoché scontato!

Grazie Laura, sapevo che mi avresti dato una risposta da persona molto competente, aggiungo che hai abbondantemente superato lw mie aspeyyayive, pensando anche in quanto poco tempo hai risposto. Io penso di poter comprendere tutto, non giustifico la violenza e fisica in particolare.

Roberto Bellotti

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